
18/10/2025 13:35
Una volta era abbastanza comune trovare treni, generalmente ma non per forza internazionali, composti da materiale molto variegato. Fra questi, sicuramente, uno dei più particolari era il «Balkan Express», l'ultimo residuo di quello che fu l'«Orient Express»: un collegamento regolare fra la Turchia e la Serbia o la Romania. Nel mio peregrinare per l'Europa in treno mi è capitato una volta di utilizzare la sezione serba del convoglio per tutto il suo percorso, da Belgrado ad Istanbul, all'interno di uno spostamento più lungo, che mi avrebbe portato in Siria con alcuni amici. Proverò a descrivere il convoglio su cui mi trovai a viaggiare e racconterò quanto accadde in quel viaggio, allegando qualche fotografia o brevi filmati.
Doverosa premessa: le fotografie e i filmati sono abbastanza pessimi, presi con una compattina digitale e con l'ingenua convinzione di poter sistemare tutto in post-produzione. Inoltre mi piaceva viaggiare in treno, ma non avevo ancora l'idea di annotarmi tutto; ci saranno infatti, ahimè, dei buchi nelle informazioni raccolte.
Ottenere i biglietti non fu un'operazione troppo complicata. Posto che la biglietteria internazionale della Stazione Centrale era appena stata eliminata dai lavori di ristrutturazione, fu sufficiente andare nell'ufficio meneghino delle ferrovie tedesche, per ottenere il tutto. L'ufficio delle DB era ubicato a poche decine di metri dalla stazione.
La prenotazione era unica da "Beograd" ad "Istanbul", mentre stamparono i biglietti separati per le varie amministrazioni ferroviarie:
Tagliando di prenotazione, poi ritirato in treno, del vagone letto T3 (che T3 non sarà) da Belgrado ad Istanbul
Quando giunsi di buon mattino alla stazione di Belgrado, quella vecchia monumentale, prima che venisse smantellata per spostare il traffico ferroviario in quella sorta di Bovisa che è la nuova stazione di Beograd Centar, mi trovai in un ambiente semideserto: in tutto il piazzale solo tre binari erano occupati. Non vi era in funzione alcuno schermo informativo, tuttavia ogni binario aveva un tabellone informativo, che indicava tutti i treni come in partenza per Полазак. Termine che credo significhi "destinazione".
Tabellone che indica la partenza per Полазак
Non mi rimaneva che osservare le composizioni presenti per individuare il convoglio corretto. Il primo treno era composto solo da due carrozze di seconda, una delle ferrovie serbe, l'altro delle ferrovie della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina: difficilmente avrebbe fatto al caso mio. Su un altro marciapiede un'altra composizione formata da due sole vetture: una delle ferrovie ucraine, un'altra delle ferrovie russe. Probabilmente si trattava della sezione serba del Tissa, il treno che da Mosca, via Kiev, raggiungeva varie destinazioni in Europa, cosa oggi non possibile per via del conflitto in corso fra Russia e Ucraina.
Quand'ecco che, infilandomi nel nel marciapiede del binario fra i due in cui ero già stato, si parò dinanzi a me una composizione più robusta, formata da sei carrozze di varie amministrazioni ferroviarie: serbe, greche, bulgare e macedoni. Di fronte chiacchieravano alcuni ferrovieri a cui chiesi se si fosse trattato del treno corretto. Mi risposero che avrei dovuto salire su una carrozza (ne indicarono una serba di seconda classe) con cui raggiungere Sofia, stazione in cui avrebbero agganciato una carrozza per Istanbul. Così feci, salii sul vagone indicato ed entrai in uno scompartimento in cui poco dopo si sedette una ragazza: il treno non era particolarmente affollato. Feci appena in tempo a caricare lo zaino su una cappelliera, sotto la quale si trovava uno specchio con la sigla JŽ serigrafata — quasi a voler ricordare ai posteri la passata esistenza delle Ferrovie Jugoslave — che un uomo in divisa da ferroviere venne a chiamarmi. Mi chiese il biglietto, lo esaminò e, in perfetto inglese, mi consigliò di seguirlo sull'ultima carrozza. Si trattava di una vettura a cuccette C6, «Hai pagato per un T3, ti garantisco che non sarete in più di 3 persone nello scompartimento» mi disse l'uomo, invitandomi ad entrare in uno scompartimento da sei posti. Naturalmente il numero di carrozza e di posto riportato sul biglietto risultavano completamente di fantasia, le carrozze non erano proprio numerate. Delle sei cuccette alcune erano sfondate, ricordo che quella centrale, chiusa nella posizione giorno, di fatto era incastrata. Decisi di appoggiare le mie cose sul letto in alto, in modo da garantirmi quel posto per la notte. Sulle porte del vagone era stata affissa una tabella di percorrenza: Beograd-Istanbul.
La tabella di percorrenza Balkan Express conferma la destinazione del convoglio (dall'interno era visibile il tragitto opposto, essendo un foglio stampato fronte-retro)
Partimmo. Lasciammo la stazione alle 7:50, in perfetto orario. Dopo pochi istanti il treno passò accanto ad un edificio, su cui era riportato il nome Ložionica (stando a un traduttore automatico dovrebbe significare «caldaia» ma, a occhio, mi sa di deposito locomotive), di fronte al quale stazionavano alcune locomotive, elettriche e a gasolio. Oltre a queste era presente una vaporiera che la mattina precedente, mentre entravo in stazione con un notturno da Lubiana, avevo visto accesa: non per effettuare un treno storico, come si potrebbe pensare vista l'epoca, bensì per effettuare manovre! Dal lato opposto rispetto al senso di marcia, si vedevano cumuli di carbone. Evidentemente nel 2010 la trazione a vapore era ancora utilizzata in Serbia. Fotografai la vaporiera ma, tra il fatto di non essere un gran fotografo, il movimento del treno e la scarsa luminosità offerta da quella mattinata, ottenni un'immagine abbastanza mossa, quanto basta per rendere illeggibili le targhe. Tuttavia, dopo una breve ricerca, penso che si trattasse di una locomotiva JŽD Classe 33, precisamente la 33 087.
Mentre il viaggio procedeva senza intoppi, mi pareva di essere ritornato ai tempi della mia prima infanzia, fra la fine degli anni '80 e i primi anni '90: velocità media non altissima, il classico "ta-tam ta-tam" dovuto all'utilizzo di rotaie non unite nella lunga rotaia saldata, soste frequenti in stazioni e fermate presenziate, tutte munite di verificatori all'opera con il loro martello, per scovare eventuali cricche nelle ruote.
Composizione completa del Balkan Express: BCl ŽS, B(?) ŽS, WLABm BDŽ, Bmhe OSE, Am(?) MŽ,? ŽS. Sullo sfondo la Chiesa della Santa Trasfigurazione a Smederevska Palanka
In questa prima tratta del viaggio il paesaggio non era molto vario: di fatto la linea correva in pianura, a volta costeggiata da basse colline. Il periodo primaverile aveva colorato la pianura serba di verde e qualche fiore faceva timidamente capolino su alberi e arbusti. Durante il percorso, nei piazzali delle varie stazioni si potevano scorgere varie carrozze palesemente fuori servizio o cannibalizzate, cosa che lasciava pensare ad un momento poco florido per le ferrovie serbe. Il biglietto permetteva di viaggiare passando sia da Mala Krsna che da Mladenovac. Onestamente non ho prestato attenzione al percorso seguito, ma il fatto che in orario fosse presente una fermata a Mladenovac e una fotografia che ho scattato proprio in quella stazione dirime ogni dubbio. Un'altra cosa che non annotai è quale fosse la macchina utilizzata: verosimilmente si tratta di una serie 441, forse una 444; purtroppo in tutte le fotografie la ripresi solo da lontano; non sono in grado di stabilire con precisione quale fosse, se qualche lettore dovesse riconoscerla con precisione lo esorto a scrivermi.
Giungemmo a Niš, stazione in cui vennero sganciate le prime tre vetture riducendo il nostro treno, ormai formato solo dalle due carrozze serbe e da quella bulgara. Dal finestrino, fra i viaggiatori intenti a salire e a scendere dal convoglio e il verificatore che controllava le ruote, era possibile scorgere la JŽ 61-002, lì monumentata in condizioni che non potrei certo definire ottimali.
Le prime tre carrozze del convoglio, quella serba, quella macedone e quella greca, partirono alla volta di Salonicco, mentre la carrozza in cui viaggiavo si trovò a diventare la testa del treno quando le venne agganciata una "minuta, silenziosissima e recentissima" locomotiva classe 661. Anche in questo caso non annotai dettagli sulla locomotiva, ma dalle fotografie che scattai si può facilmente distinguere la tipica forma delle Kenedi. Con un potente ruggito, la locomotiva a gasolio ci trainò fuori dalla stazione dardanica.
Se nella prima parte del viaggio mi sembrava di trovarmi in una ferrovia dei primi anni '90, qui avevo l'impressione di essere stato catapultato in un'epoca molto più remota. L'assenza di linea aerea di contatto unita agli sbuffi di fumo nero emessi dal motore diesel quarantenne era sufficiente per far volare l'immaginazione verso tempi remoti; qui inoltre potevamo vedere segnali ad ala comandati meccanicamente da lunghissimi fili di ferro che, sostenuti da carrucole, correvano lungo la linea. Il treno viaggiava a velocità molto ridotta attraversando la periferia di Nissa; dal finestrino si scorgevano non solo automezzi particolarmente datati, ma addirittura carretti a trazione animale.
La pittoresca uscita da Niš, fra carretti a trazione animale e trombe della 661
Lasciata la città ci avviammo lungo quella che a mio parere è una delle ferrovie più belle in Europa. La ferrovia, infatti, sale parallela al corso del fiume Nišava, talvolta tagliandone le anse, altre volte seguendole, inoltrandosi dopo un breve percorso nella Gola di Sićevo; qui il binario corre stretto fra il fiume e la montagna. Durante l'attraversamento della gola, potemmo distinguere molto bene la piccola centrale idroelettrica di Sićevo, che genera corrente elettrica sin dal 1931. Usciti dalla zona della gola il paesaggio si faceva sempre più pianeggiante; a questo punto consumai il fugale pranzo che avevo acquistato in una panetteria di Belgrado, trovata per caso andando in stazione: una sorta di brezel al sesamo, un pomodoro, una scatoletta di tonno ed una pera. Mi ritrovai quindi con dei rifiuti, ma nello scompartimento non c'era un cestino; non lo trovai nemmeno in corridoio o nella ritirata. Chiesi quindi al cuccettista che mi disse che ci avrebbe pensato lui, poi tornai ad osservare il paesaggio sporgendomi dal finestrino. Mancò poco che venissi colpito dal sacchetto con la mia spazzatura, lanciata dal finestrino. Durante tutto il percorso salivano e scendevano poche persone, ma arrivati a Pirot trovammo una folla di passeggeri ad attenderci, anche se salirono su altre carrozze. Di colpo sembrò nuovamente di cambiare epoca: comparve una linea aerea ed entrammo in una stazione di Dimitrovgrad completamente ristrutturata: eravamo tornati nel XXI secolo, almeno a livello ferroviario. Salirono i poliziotti e, senza chiedere nulla, timbrarono il passaporto. Nel frattempo la 44 088.8 delle Ferrovie statali bulgare prese il posto della 661 serba.
A Dimitrovgrad salirono sul nostro vagone alcuni ferrovieri bulgari, che si chiusero in uno scompartimento con il cuccettista. Ripartiti, costeggiammo la strada statale verso il confine di stato; la strada era completamente bloccata da un'interminabile fila di autocarri in attesa dello sdoganamento. Dopo pochi minuti giungemmo nella stazione di frontiera bulgara di Kalotina Zapad. Qui ricordo il doganiere bulgaro, un uomo di mezza età, un po' sovrappeso, in divisa e con i capelli corti. Salì sulla mia carrozza portandosi appresso un computer portatile da cui penzolava una chiavetta wi-fi e un grossissimo timbro; oggetti ingombranti che non gli permisero di aggrapparsi alla maniglia e che ostacolarono la sua salita a bordo. In quanto cittadino UE, l'agente si limitò ad un'occhiata veloce al mio passaporto e passò oltre. La sosta fu comunque breve ed incominciammo ad inerpicarci verso Dragoman, stazione che dovrebbe essere vicina al culmine della ferrovia verso Sofia, località in cui si trova una gradevolissima stazione in stile montano. Lì incrociammo un, per l'epoca, modernissimo convoglio Flirt delle BDŽ.
Scendemmo quindi verso Sofia, città in cui avremmo avuto una sosta di circa un'ora. Durante il tragitto, sporgendomi dal finestrino schivai una bottiglia di liquore, lanciata dallo scompartimento dei ferrovieri. Posso affermare che avessero sicuramente qualche problema con la gestione della spazzatura sui treni, spero che la situazione sia mutata in questi anni. Giunto nella capitale bulgara, nonostante ci fosse un po' di tempo, non mi allontanai dalla stazione, mi limitai ad affacciarmi all'esterno per curiosità, ma subito rientrai per recuperare qualcosa da mangiare. Sul tabellone delle partenze era indicato il nostro treno, come M491, utilizzando addirittura due righe: come per Istanbul via Plovdiv e come Dimitrovgrad via Plovdiv (il treno sostava infatti in due località chiamate Dimitrovgrad: la frontiera serba e una cittadina in Bulgaria).
Il tabellone partenze annuncia il Balkan Express addirittura su due righe
Tornato al binario, notai che la locomotiva era stata staccata. Sullo sfondo si poteva notare una fabbrica abbandonata. A questo punto, però, la stanchezza fece sì che badassi meno ai particolari, infatti non feci caso alla locomotiva che ci avrebbe condotto attraverso la Tracia. Addirittura nella mia mente ricordavo cambio banco a Sofia, cosa non solo improbabile guardando la rete ferroviaria, ma negata anche dalle fotografie scattate. La composizione rimase composta da tre vetture: la mia e altre due bulgare. Man mano che andavamo avanti il sole tramontava, illuminando con gli ultimi raggi pittoreschi campi di colza. Con l'oscurità fu sempre più difficile notare qualcosa. Ricordo solo, nella notte, il taglio della locomotiva e la sostituzione con una a gasolio, verosimilmente avvenuto a Dimitrovgrad, dove terminava l'elettrificazione. La manovra venne fatta in modo non propriamente delicato e mi svegliai.
Uscito in corridoio conobbi un passeggero italiano, che era stato collocato ad un paio di scompartimenti dal mio: veniva da Legnano ed era diretto ad Edirne. Alla stazione di Belgrado gli avevano venduto un biglietto fino alla stazione di confine turca, dicendogli che non esistevano treni diretti ad Edirne. Gli feci notare che, al contrario, il Balkan Express avrebbe effettuato una fermata lì, chiese conferma anche al nostro cuccettista che lo autorizzò a restare al posto assegnato anche oltre Kapıkule. Appassionato di storia, voleva raggiungere Adrianopoli, per poi scendere verso i Dardanelli ed andare a visitare i luoghi in cui combatterono alcuni soldati neozelandesi, episodio di cui non ero a conoscenza e che lo incuriosiva tanto da spingerlo ad effettuare quel viaggio. Man mano che ci avvicinavamo al confine la linea si faceva più disastrata, aumentavano gli scossoni.
Ad un certo punto il mio cellulare agganciò la rete greca, effettivamente la linea lambisce il confine bulgaro-greco, qui rappresentato dal fiume Evros, ed oltrepassa il confine molto vicino alla triplice frontiera. La sosta per il controllo dei documenti a Kapitan Andreevo mi svegliò definitivamente. Il treno ripartì, si vedevano da lontano alcuni fari erano puntati verso il cielo (non so se fossero istallazioni militari o qualche locale notturno), poi, verso le tre meno un quarto di notte, arrivammo alla stazione turca di Kapıkule.
Pur essendo le 2:49 di notte la stazione di Kapıkule è viva, anche per via del controllo dei documenti da effettuare nel fabbricato viaggiatori
Il cuccettista ci informò che, a differenza delle frontiere occidentali, per entrare in Turchia era necessario scendere dal treno per il controllo dell'immigrazione. In piena notte, mezzo distrutto, mi recai quindi in un ufficio della stazione che, nonostante l'orario, non era per niente deserta. Dentro la stanza c'erano due sportelli, ne scelsi uno, attesi il mio turno consegnai il passaporto, che venne timbrato. Poi tornai a bordo, non prima di notare l'aggiunta di una carrozza rumena. In seguito salirono a bordo agenti della dogana per verificare che non avessimo nulla da dichiarare e che avessimo ottenuto il timbro; ripartimmo.
Il capotreno turco, messo al corrente dal cuccettista, autorizzò il mio connazionale a viaggiare senza pagare altri biglietti fino alla stazione successiva. Salutato il legnanese tornai a dormire.
Mi risvegliai verso le 8 del mattino, appena sporto notai che nella notte la composizione era completamente cambiata: mi trovavo infatti in seconda posizione, preceduto da una carrozza letti bulgara. Carrozza letti bulgara differente da quella che era partita da Belgrado (51 52 60-80 ... mentre da Belgrado era partita una 51 52 70-30 ...); chissà dove sarà andata quella originaria. Dietro di me una carrozza letti rumena e (almeno) una carrozza turca. Ci trainava la E52518; considerato che le E 52500 sono locomotive classe 441 delle ferrovie della Bosnia ed Erzegovina, è verosimile che il viaggio abbia avuto principio e fine con il medesimo modello di locomotiva.
La ferrovia si portò sul mare. Dopo un timido avvicinamento alla laguna di Küçükçekmece sbucammo infatti sul Mar di Marmara. Penso che anche la persona che più detesti viaggiare in treno potrebbe pensare di affrontare l'intero tragitto solo per quest'ultimo fantasico ingresso in città lungo la Kennedy Caddesi. La ferrovia non si limitava a costeggiare il mare ma, all'altezza del palazzo di Topkapı passava sopra le mura bizantine di Costantinopoli, offrendo una particolare veduta del mare attraverso la merlatura. Per raggiungere la stazione terminale del viaggio, la linea seguiva la costa puntando verso nord, permettendo di ammirare il lato asiatico della città e il canale del Bosforo, con il suo ponte.
Purtroppo questa parte terminale di linea, fino ad Halkalı, è stata chiusa a lungo; da quello che leggo ora dovrebbe essere parte di una ferrovia metropolitana, considerata tranvia dal comune di Istanbul, con la speranza in futuro di vederla nuovamente utilizzata per i treni internazionali provenienti dall'Europa.
Fra le mura bizantine, mentre la ferrovia punta a nord per avvicinarsi al Sarayburnu, spunta il retro del monumento al Turgut Reis. Di sfondo, sul Bosforo, il ponte dei Martiri del 15 luglio unisce l'Europa all'Asia
Piccola digressione: quella di rimuovere le vecchie stazioni di testa dal centro cittadino per servire piccoli centri periferici è una pratica che purtroppo in Medio Oriente ho osservato anche altrove. Il caso più eclatante è quello della monumentale stazione della Hegiaz di Damasco, la cui linea è stata troncata una decina di km a sud della città nella modesta stazioncina di Al Kadam. Anche a Gerusalemme la stazione Khan, relativamente centrale, è stata dismessa alla fine degli anni '90 e la linea è stata troncata, anche in questo caso più a sud, all'altezza della stazione di Malha, costruita appositamente. Soluzione che non deve essere piaciuta all'utenza, dato che dopo la pandemia di Covid-19 del 2020 questa stazione e la linea fino a Beit Shemesh sono stati sospesi. Va detto che, in quest'ultimo caso, nel 2018 è stata ultimata una nuova linea per collegare Gerusalemme a Tel Aviv, con la realizzazione della stazione sotterranea di Yitzhak Navon posta nel centro cittadino, accanto all'esistente stazione delle corriere. Sembra che ci sia un progetto per collegare questa stazione sottoterra con la vecchia stazione di Kahn proseguendo poi verso la linea esistente a Malha.
Sceso dal treno mi trovai nella magica stazione di Istanbul Sirkeci, delizioso edificio che è stato capolinea dell'Orient Express. Qui feci un ennesimo errore: fotografai la carrozza che mi condusse fin lì senza che fosse leggibile la marcatura. La carrozza, una tipo UIC-Y delle ferrovie serbe pesantemente graffitata su un lato, dovrebbe essere la 51 72 59-80 655-5 Bcl, informazione ottenuta modificando e filtrando un dettaglio dalla fotografia da me scattata.
Come prima cosa andai a cambiare la ricevuta di acquisto su Internet in biglietti veri del convoglio che il giorno dopo mi avrebbe portato ad Adana; prima di me, in fila alla biglietteria come un comune viaggiatore, il cuccettista chiedeva in inglese all'impiegata l'elenco delle prenotazioni della sua carrozza per il ritorno. Sarebbe ritornato la sera stessa.
La stazione includeva un museo ferroviario, purtroppo chiuso a quell'ora: mi accontentai di osservare la TCDD 2251 monumentata all'esterno della stazione. Poi uscii a godermi la città, ma questa è un'altra storia!